mercoledì 17 dicembre 2014

La TRAVERSATA (dell'Appennino, in invernale)


Da un certo numero d'anni Mauro, il Bove, parte per la traversata dell'appennino in invernale. Più in cresta, o a mezza costa secondo quanto l'inverno è arrivato. 
Ogni tanto qualcuno l'accompagna, qualche volta da solo. 

Sostiene che di solito in estate lavora e di tempo ne ha solo in inverno. Vale a dire: in estate sono capaci tutti. Mauro e Said, da oltre vent'anni. Dei due quello saggio è Said, s'intende.
Perché c'è da esser matti ad affrontare l'Appennino in inverno, dicono. O a portarci un'allieva, per dire.

Shila, verso il Muraglione

La traversata dell'appennino in invernale quest'anno l'ho fatta anche io. Inutile stare a dire perché mai nonostante un ginocchio rotto ad un certo punto ho deciso di partire. Perché Mauro è finalmente in pensione, o perché pare che sia l'ultima traversata di Said anch'esso prossimo alla pensione, anche se quando gonfia i muscoli del collo e s'inarca non lo diresti mai. C'è dell'altro.

6 tappe, divenute 7 in un pomeriggio di fango, per portarci da Lucca a Capo d'Arno, seguendo per buona parte lo 00, la GEA.

L'idea è di partire prima possibile, appena è inverno, ma prima che nevichi. Il bagaglio al minimo, i cavalli allenati, la sella nuova. Le mie ore di spinning in preparazione a proteggere crociato e menischi.

Un paio di tappe di avvicinamento, l'accoglienza della Revia, e la compagnia di Cinzia.
Mauro dev'esser certo cambiato negli ultimi 15 anni ma la moglie del canadese non ha dubbi su Said: io quell'arabo bianco lo conosco, mi dice: è quello che balla?

E poi inizia l'Appennino. Lo Zuccotto, le Scalette.
La voce di Mauro per quando il gioco si fa più duro.
Shila è pronta e lo sono anche io. Così attenta da inchiodarsi sugli zoccoli quando scivolo sulle foglie e fermarsi anche solo a un centimetro da me.

Non si incontra praticamente nessuno di monte in monte, solo la tramontana sul viso e il mondo ai tuoi piedi. È così limpido che si vede da mare a mare. I tre giorni più belli dell'inverno.

C'è della gente incredula, invece, generosa, determinata e paziente, a dar supporto a questi due cavalieri.
"Due a cavallo non si lasciano da soli in inverno" ci dice Sergione alla terza tappa, quando non credeva davvero che saremmo arrivati, e un po' d'altre cose che sottolineano quanto sia davvero insolita una traversata in invernale.

Grazie allora Francesco, Giovanni di Moscheta, Angiolino, Tazio che avete accolto noi e i ragazzi tra MontiFreddi e Pietramala quando la quarta tappa sono diventate due, per un bivio sbagliato che ci ha rubato almeno un paio d'ore di luce.

I tortelli della Bionda di Casaglia, da mangiarne almeno un altro piatto.
L'Eremo di Paolo ed Elisa, in una vallata immensa raggiunta in un pomeriggio di sole e una notte piena di stelle. Di lì c'è poco per il Muraglione, e poi ultima tappa verso il Faltrerona e Capo d'Arno.

Non è tanto il salire verso Monte Falco, c'è un po' di ghiaccio e neve, da fare attenzione e riprendere fiato. È l'altro versante quello complicato. Nebbia e vento alla croce del Falterona, lastroni di ghiaccio, e neve, e poi neve ghiacciata per scendere, e poche ore di luce davanti.

Seguo Mauro e Said, sui sentieri stretti e ghiacciati, o nelle discese ripide. La testa al monte, il cuore in gola. Fino a trovare la strada verso Castagno d'Andrea davanti al focolare di Giuseppe e Ivana.

Il sabato più o meno si passa per riportare a casa mezzi e cavalli. Grazie Enrico che ci ha traghettati indietro.

Si festeggia: il Bianchi e la sua allieva tornano vittoriosi, coi cavalli più allenati della piana di Lucca.